Chiese

Chiesa romanica di Santo Stefano

La prima chiesa aperta al culto sul nostro territorio fu intitolata a Santo Stefano. Si trovava sul colle dove oggi si trova il cimitero. Incerta è la datazione, ma si stima che fosse stata eretta tra il X e l'XI secolo in funzione dei primi insediamenti abitativi che gravitavano attorno al primo castello di cui si è discusso. Anche dopo la costruzione della chiesa di Santa Maria della Spina (la nuova parrocchiale di cui si parlerà nel seguito) e dell'attuale chiesa maggiore, si continuarono a seppellire i defunti intorno alla chiesa romanica di Santo Stefano. I corpi venivano posti in fosse comuni, senza bara (specialmente le persone di umili origini).

Prima della sua distruzione, la chiesa si presentava in pianta quadrata e in stile romanico. La facciata era rivestita in mattone cotto intercalato a pietra arenaria. L'esterno doveva essere molto spoglio seguendo la filosofia architettonica di quegli anni, che voleva che la chiesa fosse una metafora del buon cristiano: povero e umile nelle sue sembianze e ricco all'interno (nella sua anima).

Chiesa di Santa Maria della Spina

In un'epoca imprecisata fu eretta una seconda chiesa intitolata a Santa Maria della Spinta, posta a ridosso del castello (dove oggi sorge l'ex cinema/teatro). Si sa da una visita del vescovo di Pavia che la chiesa si trovava già in pessimo stato nel 1680 e fu, quindi, demolita anche con l'obiettivo di ricavare materiali da impiegare nella costruzione di una nuova chiesa intitolata a Santo Stefano con cui ringraziare il santo protettore del paese per aver fatto sì che il paese superasse le due più gravi e ingenti catastrofi storiche: la peste del 1631 che dimezzò la popolazione e la guerra dei trent'anni (1618-1648) che coinvolse il Monferrato e anche Castelnuovo che venne distrutto da un incendio tale da determinare nell'immaginario collettivo un nuovo modo con cui rivolgersi al paese: "Castelneuv Brusà", ovvero Castelnuovo Bruciato.

Si sa che la sola navata della chiesa di Santa Maria della Spina era lunga la metà dell'attuale e più bassa. Una chiesa scomparsa come questa di incerta datazione esercita ancora notevoli interrogativi a partire dalla rarissima intitolazione: Santa Maria della Spina. Natale Ferro sostiene, a ragione, che essa non può riferirsi al cuore di Maria trafitto dal dolore per la morte di Gesù, siccome questa devozione è più recente.

Dall'antica parrocchiale furono recuperati due quadri: la Madonna in trono con Bambino del 1575 e la Madonna del Rosario del 1671.

Madonna con Bambino in trono tra santi Stefano e Sebastiano

Sopra l'altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Spina si trovava il quadro allora più prezioso: la Madonna in trono con Bambino, con angeli e santi Stefano e Sebastiano. Il dipinto, olio su tela, è attribuito al pittore Giovanni Francesco Biancaro detto "Il Ruscone" nativo di Trino Vercellese e operante soprattutto nella zona di Nizza Monferrato. I critici sostengono che la tela sia il capolavoro del pittore e dopo la realizzazione di quest'ultima la sua qualità pittorica abbia subito una deflessione. Probabilmente nella realizzazione della pala il pittore era stato ancora aiutato dal maestro Ottaviano Cane.

Nella scena si vedono sette personaggi (numero chiave nella simbologia cristiana). La Madonna si trova in posizione centrale e sorregge il bambino Gesù che costituisce il solo elemento di asimmetria. Infatti, la pala può essere divisa in due metà rispetto alla linea verticale passante per il suo centro, ognuna delle quali contenente una proporzionata distribuzione di soggetti. Muovendoci con lo sguardo dall'alto al basso si vedono due angeli sorreggere il drappo che accoglie la scena sacra. Alla destra della Madonna si trova Santo Stefano con i simboli del suo martirio (le pietre, infatti egli fu lapidato). Alla sinistra, invece, si trova San Sebastiano ancora legato a un tronco, con il corpo martoriato dalle frecce scagliategli contro. Al di sotto dei due gradini di pietra su cui siede la Vergine si vede un angelo vestito con una tunica alla romana sorreggere un'ampolla di vetro contenente delle rose. Questo è un dettaglio molto prezioso per la precisione con cui sono raffigurati i riflessi della luce nell'acqua. L'angelo offre a Gesù Bambino le rose che quest'ultimo porge a Santo Stefano. Da notare sono, infine, le ali rossicce degli angeli che contraddistingueranno la produzione del Biancaro e che sono in tendenza con il nuovo stile, quello che i critici chiamano Manierismo.

Madonna in trono con Bambino, Giovanni Francesco Biancaro detto "Il Ruscone", 1575

Approfondimento a cura di Luca Travasino

Analisi critica e lettura simbolica.pdf

Chiesa parrocchiale di Santo Stefano

Intitolata a Santo Stefano, la chiesa parrocchiale fu eretta per volontà della popolazione di Castelnuovo Calcea tra il 1684 e il 1695. La chiesa fu completamente realizzata con i fondi che la popolazione ha devoluto come segno di gratitudine nei confronti di Dio per la chiusura di un periodo tanto nefasto quanto seminato di morte e distruzione. Difatti soprattutto gli anni '30 del XVII secolo videro il piccolo borgo coinvolto in due grandi eventi storici: la peste e la guerra dei Trent'anni. In questi anni il paese vide un dimezzamento del tasso di natalità e un aumento della mortalità causati dalla peste. Collateralmente, nel 1635 le truppe dei Savoia incendiarono la fortezza distruggendo le mura e buona parte del paese che fu avvolto dalle fiamme (da quel momento il nostro paese fu ribattezzato "Castelneuv Brisò", in traduzione "Castelnuovo Calcea").

Per sopperire alla necessità di materiali, fu abbattuta la chiesa di Santa Maria della Spina.

Facciata

La facciata è in cotto ed è movimentata dalla presenza di nicchie e del pronao (aggiunto in seguito). La facciata è tripartita. Come previsto dal codice estetico barocco si osserva una compresenza di linee curve e spezzate, soprattutto attorno alle nicchie, che servono ad animare la facciata stessa. Il ricorso al mattone è tipico della zona, per la facilità di reperimento dell'argilla. Le nicchie ospitano dal 1943 le statue delle virtù Teologali (Fede, Speranza, Carità e Umiltà).

Il portale d'accesso all'unica navata fu intagliato al tempo della costruzione della chiesa. Fu realizzato in legno di noce dagli artisti Besozzo e Bianchi, provenienti dalla zona lombarda del lago Maggiore. Lo stile è rinascimentale.

Interno

Spiccano quattro cappelle prospicienti l'unica navata della chiesa. Gli stucchi di queste furono realizzati dai fratelli Bellotto di Bellinzona prima del 1695. La volta a botte che sovrasta la navata rimase tinteggiata per quasi due secoli, quando finalmente nel 1881 questa fu affrescata dal sacerdote torinese Don Domenico Mentasti.

La navata si conclude con l'abside sormontato dal catino absidale.

Prima cappella a destra

Dedicata a Sant'Anna

Sull'altare della cappella svetta la statua lignea scolpita nel 1742 dalla famiglia Bonzanigo, già esecutrice di opere presso la famiglia reale Savoia. La cappella era precedentemente intitolata ai santi Rocco e Carlo, invocati per la protezione dalla peste che in paese nell'arco di un anno aveva decimato la popolazione. La nuova titolazione avvenne in seguito all'aumento del tasso di mortalità di bambini e puerpere nella prima metà del XVIII secolo.

Seconda cappella a destra

Dedicata alle anime del Purgatorio

In posizione centrale si trova un quadro in cui sono rappresentati Sant'Antonio da Padova e San Filippo Neri. Il primo fu molto venerato in paese a seguito di un evento miracoloso. Il quadro risulta provenire dalla chiesa di Santa Maria della Spina. Il quadro inferiore, invece, rappresenta le Anime del Purgatorio così come gli affreschi dei medaglioni e gli angeli piangenti.

Primo altare a sinistra

Dedicato a San Giuseppe

Qui si trova il quadro più pregevole dell'intera parrocchiale. Fu realizzato nel 1698 a Milano da Giacomo Parravicino detto il Gioanola.

Il soggetto della raffigurazione è la Natività. Interessante è il dettaglio riportato in fondo a destra dove si trova lo stemma della comunità (torre rossa) accompagnato da quello della Famiglia Trotti che possedette il castello fino al 1837.

Secondo altare a sinistra

Dedicato alla Madonna del Rosario

Il quadro fu realizzato dal pittore di Visone (AL) Giovanni Monevi nel 1671. Posti secondo una disposizione piramidale, possiamo individuare in posizione centrale la Vergine e il Gesù Bambino che offrono due rosari in corallo ai Santi Domenico e Caterina da Siena. Incorniciano la scena i quindici misteri del Rosario proposti all'interno di medaglioni ricavati da intrecci di rose.